Il T – 10 ottobre 2023

Camici in fuga, sindaci in allerta

 

ALTO GARDA La segnalazione in protesta della Uil, che domenica ha denunciato il fenomeno della fuga dei medici da diversi ospedali periferici del Trentino compreso quello di Arco, con i camici bianchi che hanno preferito la libera professione o strutture private, non è passata inosservata e ha animato il dibattito politico sul territorio. Per il primo cittadino di Arco, Alessandro Betta, la questione è assai delicata e necessita di un ragionamento sulla struttura ospedaliera anche in considerazione dei vecchi volumi oggi non utilizzati, ma che si presterebbero a generare valore. «Dobbiamo fare in modo che questa struttura accolga personale che voglia creare massa critica e rendere l’ospedale un luogo nel quale si vuole rimanere – spiega Betta -. Sappiamo che alcune partenze sono fisiologiche, ma è evidente che oggi l’ospedale di Arco vive una situazione complessa. L’epoca degli eroi è finita presto e chi lavora al suo interno accusa stanchezza e malessere che lo spingono a guardare verso altri fronti». Per il presidente della Comunità di Valle va mantenuta alta l’attenzione in modo congiunto e condiviso. «Al nuovo assessore provinciale chiederemo attenzione al presidio ospedaliero – spiega Mimiola perché non dobbiamo dimenticarci che questo è un territorio con molti abitanti e molti più turisti. Siamo sempre sull’attenti per la copertura al Pronto soccorso che per noi è tema sensibile». Ragiona a tuttotondo la sindaca di Riva Cristina Santi: «La sanità dopo il covid è profondamente cambiata, la carenza di personale sanitario è un problema diffuso in tutto il territorio nazionale. In Europa medici, infermieri e operatori sanitari sono meglio pagati, hanno maggiori opportunità di crescita professionale e il carico di lavoro è inferiore, probabilmente perché sono in un numero adeguato. Da uno studio del Sole 24 ore, il Trentino si colloca come miglior area ospedaliera italiana. Questo non significa che vada tutto bene, anzi! In particolare negli ospedali periferici. Un primo passo è stato fatto con l’introduzione a Trento della facoltà di medicina, credo però che la sfida sarà nei prossimi mesi e anni. È necessario in primis un confronto con le professioni sanitarie, studiare dei giusti incentivi lavorativi ed economici per chi viene o rimane sul nostro territorio. Allo stesso tempo non si deve vedere il privato in modo negativo, il privato è una scelta e un’opportunità, sempre se la sanità pubblica viene messa in condizione di operare alle pari condizioni, altrimenti il rischio è che sia l’unica via d’uscita».

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