Il T – 03 marzo 2023

Cooperative. A 1.800 addetti 2.000 euro in meno

Senza il contratto integrativo delle Famiglie cooperative, ogni commesso e commessa coop, in tutto 1.800 persone, perderà più di 2.000 euro lordi l’anno, almeno 1.500 euro netti in busta paga. E questo in una fase in cui l’inflazione viaggia ancora sul 10% e morde i conti dei lavoratori e delle lavoratrici. Ieri pomeriggio i delegati delle 64 Famiglie coop trentine operative – altre 4 non sono attive – hanno discusso della trattativa con la Cooperazione sul contratto territoriale, scaduto nel 2017 e da rinnovare, dopo l’annuncio dal versante coop della disdetta del contratto precedente, tuttora applicato, per l’insostenibilità del suo costo, pari al 9% in più del costo del contratto nazionale di settore. Quel 9%, però, significa 160-170 euro al mese in più, al quarto livello, oltre ai 1.700 lordi mensili, 1.200-1.300 netti, del contratto nazionale. Per un direttore di Famiglia cooperativa si arriva a 600 euro in più al mese, che verrebbero meno.
L’assemblea, spiega Lamberto Avanzo della Fisascat Cisl che segue la vertenza insieme a Paola Bassetti della Filcams Cgil e Walter Largher della Uiltucs Uil, «ha valutato negativamente la chiusura della delegazione della Cooperazione rispetto agli arretrati sull’anzianità e i permessi che devono essere ancora pagati dal 2018». Ma i delegati hanno giudicato «ancora più negativamente la disdetta del contratto integrativo a partire da luglio». Il settore si mobilita: la prossima settimana in conferenza stampa verrà presentato il programma di mobilitazione che durerà per tutto il tempo della trattativa. «L’obiettivo è chiuderla entro giugno, termine dell’applicazione del contratto provinciale, per evitare che da luglio si applichi solo il contratto nazionale». Una busta paga, cioè, a cui mancheranno duemila euro in un anno.
Nella lettera di recesso-disdetta con preavviso dal contratto integrativo provinciale dei dipendenti della distribuzione cooperativa trentina, firmata dal presidente della Cooperazione Roberto Simoni e dal vice Italo Monfredini, si affermava che «è intenzione della nostra parte rivedere nel suo complesso l’impianto economico e di costi derivanti dal contratto integrativo provinciale». L’obiettivo è «renderlo più sostenibile per tutte le nostre imprese del settore e in particolare per quelle messe in maggiore difficoltà dall’attuale difficile congiuntura economica, riducendo l’impatto dei costi derivanti da voci fisse, ad esempio l’indennità di presenza, e rafforzando per converso la parte economica variabile (Premio di risultato), cioè ancorata al raggiungimento di risultati positivi nella gestione d’impresa».
L’attuale contratto integrativo prevede 110 euro al mese di indennità di presenza e da 45 euro in su di quota fissa. In più, ricordano i sindacati, ci sono le maggiorazioni domenicali e festive: anch’esse salterebbero con la cancellazione dell’integrativo.
In questo periodo cominciano ad essere noti i risultati di bilancio delle Famiglie cooperative cosiddette «turistiche», che chiudono i loro conti il 30 settembre o il 31 ottobre. Si tratta di 14 coop, tra cui vi sono sia aderenti a Sait che a Dao, che da sole fanno più di un terzo del fatturato totale delle Famiglie, che a sua volta si attesta fra i 340 e i 350 milioni di euro, salvo nel boom del 2020 quando l’apertura durante il lockdown e il ruolo di riferimento dei piccoli negozi in tanti paesi portò i ricavi oltre i 370 milioni. I primi risultati delle coop turistiche appaiono positivi, da Fassa coop con 32 milioni di fatturato e 498mila euro di utile, alla Famiglia Cooperativa Val di Non, 26 milioni di ricavi e 283mila euro di risultato, dai 24 milioni di ricavi e 308mila euro di utile della Famiglia coop di Pinzolo ai 4,3 milioni di fatturato e 127mila euro di risultato netto della Famiglia di Canazei. Il peso del caro-energia si fa però sentire e può mettere in difficoltà molte coop più piccole.

Scarica il pdf: IL T Coop ART 030323