l’Adige – 18 novembre 2023

In 800 in piazza per i diritti e i contratti. Cgil e Uil soddisfatti: «Buona adesione»

Circa ottocento “capricciosi” hanno manifestato e protestato ieri mattina a Trento, nell’ambito dello sciopero indetto da Cgil e Uil. «Una buona adesione», hanno commentato a caldo i segretari generali Andrea Grosselli e Walter Alotti, considerando che, ovviamente, oltre alle persone scese in piazza tantissime altre hanno aderito. “Capricciosi”, si diceva: così, infatti, si sono autodefiniti gli scioperanti, in risposta al ministro Salvini, che nei giorni scorsi – in una lunga polemica – aveva chiamato in quel modo i rappresentanti dei lavoratori. E, oltre ai temi centrali (rinnovo dei contratti, salari, pensioni, riforma fiscale) proprio la polemica sul diritto allo sciopero è stata citata in tanti interventi: «Lo sciopero non è una vacanza, chi ha aderito ci ha rimesso dei soldi di tasca propria».
Cgil e Uil hanno convocato lavoratrici e lavoratori in piazza Fiera. Poi, distribuite le bandiere e srotolati gli striscioni, il corteo è arrivato davanti al commissariato del governo, dove si sono alternati gli interventi davanti – appunto – a centinaia di manifestanti del comparto pubblico, sanità, scuola, università e ricerca, trasporti, poste e servizi postali, vigilanza privata, pulizie e multiservizi, cooperative sociali, ristorazione collettiva, igiene ambientale, consorzi di bonifica. Tra il “pubblico” anche due (soli) esponenti politici provinciali, ovvero Lucia Maestri e Paolo Zanella, in piazza per esprimere solidarietà ai lavoratori.
Tanti gli interventi in campo sanitario. «Vogliamo una sanità pubblica e accessibile ha detto Giuseppe Varagone (Uil) – e bisogna lavorare per risolvere i problemi: le liste d’attesa sono lunghissime e chi ha i soldi si deve rivolgere al privato». Sulla stessa linea, naturalmente, Michele Falzone (Uil), oss al Santa Chiara: «Siamo sotto organico, basterebbe fare un giro nei reparti per capirlo: ora siamo tornati in piazza per i contratti e per risolvere i problemi. Altro che eroi, siamo in pochissimi con Provincia e Azienda che dicono che va tutto bene». Brunella Bertè (Cgil) rappresenta una categoria di lavoratori della sanità dei quali si parla molto poco: «La categoria invisibile: chi sanifica gli ospedali. Abbiamo un contratto da 6 euro netti all’ora, siamo quasi tutte donne, spesso over 50, spesso migranti, ma siamo fondamentali perché senza di noi le sale operatorie non possono funzionare. Due anni fa abbiamo avuto un piccolo aumento, ma l’inflazione se l’è già mangiato tutto». Ancora Salvatore Sammarco (Cgil): «Solo parole e niente fatti: in sanità tutti lavorano per il bene e per il benessere della comunità, ma siamo dimenticati. Manca il personale e la gente se ne va, non solo infermieri ma anche gli amministrativi, che hanno contratti diversi e più bassi da chi fa lo stesso lavoro in Provincia o negli Enti locali.
Dalla sanità alle cooperative sociali: «L’adesione allo sciopero è ottima – spiega Gabriele Bianco (Cgil) – ma dobbiamo denunciare che nel nostro settore in molte realtà non sono state fatte le precettazioni: a voce o con un messaggio su WhatsApp è stato detto ai lavoratori che non avrebbero potuto partecipare allo sciopero. Questo è gravissimo, sentirsi dire “ho paura di aderire” è vergognoso. Venendo alle richieste, nel sociale abbiamo contratti da 8 euro lordi all’ora, ma spesso ci viene chiesta una disponibilità di 8 ore per poi vederne pagate 4. Una flessibilità del genere è impensabile, quando dovremmo invece rendere più attrattivo il settore, che è davvero strategico».
Ancora, i trasporti: «Il governo si faccia i selfie quando ci daranno duecento o trecento euro in più in busta paga», ha tuonato Nicola Petrolli (Uil), mentre il collega Franco Pinna (Cgil) ha invitato «il ministro Salvini a mettere i soldi per ridare dignità al lavoro invece che screditare chi sciopera».
Cambiando settore, Veronica De Sanctis (Cgil) ha parlato di Università: «Siamo pochi, circa 800, ma siamo le gambe dello sgabello sul quale siedono studenti e docenti: noi personale dell’Ateneo siamo sotto pagati, da 13 anni non abbiamo un aumento di stipendio. E intanto i bandi di concorso vanno deserti: è ovvio, il nostro mestiere non è riconosciuto e valorizzato». A fianco dei lavoratori anche gli studenti: «La scuola deve essere una priorità – ha spiegato Claudia Sofia Scandola dell’Udu invece si sta smantellando il diritto allo studio».
«Vedo tanti “capricciosi” qui davanti a me ha attaccato Luigi Diaspro (Cgil) – per un legittimo sciopero: Salvini distrae dalle promesse elettorali. Avevano attaccato la Fornero e ora sono perfino riusciti a peggiorare quella legge».

 

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