Il T – 08 luglio 2023

Metalmeccanici fermi per lo sciopero. Solidarietà anche agli operai del porfido

Chiedono buste paga adeguate ad affrontare una congiuntura economica segnata dai rincari. Ma più in generale chiedono di aprire una discussione seria sui salari, visto che in Italia e in Trentino alcune tipologie di contratti non vengono rinnovati da anni. La protesta, rimbalzata dai dipendenti della pubblica amministrazioni e a quelli delle famiglie cooperative, nell’ultima settimana ha raggiunto gli operai del settore porfido e, ieri, anche i metalmeccanici, che hanno aderito in modo significativo allo sciopero nazionale, fermando le macchine per quattro ore.
Lo sciopero ha interessato le principali aziende metalmeccaniche del Trentino. In realtà come Dana, Sandvik, Sapes, Siemens, Mahle, Mariani, Officine Piccinelli di Darzo e Meccanica del Sarca, le adesioni sono state superiori all’80% delle tute blu. Il risultato è che in molti siti si è registrato lo stop – o almeno il forte rallentamento – delle produzioni.
Lo sciopero è stato indetto a livello nazionale da Fiom, Fim e Uilm. Ed è al governo di Roma che viene rivolto anche l’appello che parte dalle proteste trentine. La richiesta del rilancio del settore industriale attraverso il rilancio degli investimenti pubblici si aggiunge a quella per il miglioramento della qualità dei servizi pubblici erogati anche attraverso gli appalti e alla spinta per la valorizzazione dell’occupazione. I sindacati chiedono anche una spinta sull’innovazione, consapevoli che una perdita di competitività sui mercati internazionali potrebbe tornare indietro come un boomerang. Al centro della protesta, anche la richiesta di maggiori tutele per i lavoratori coinvolti nei cambi appalto.
I vertici provinciali di Fim, Fiom e Uilm del Trentino hanno colto l’occasione della mobilitazione nazionale anche per esprimere la solidarietà dei metalmeccanici agli operai del porfido, impegnati da giorni nello sciopero per il rinnovo del contratto provinciale del comparto. Una lotta che i tre segretari generali della Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil del Trentino Michele Guarda, Luciano Remorini e Willj Moser ritengono «giusta, per il miglioramento delle condizioni salariali e della qualità del lavoro». E infatti proprio ieri le maestranze delle cave entravano nella quinta giornata di sciopero. Le condizioni che hanno portato i cavatori a incrociare le braccia non sono cambiate. Ieri gli operai si sono trovati ad Albiano per le ultime ore (almeno da iniziali previsioni) della protesta che ha portato i rappresentanti dei lavoratori a confrontarsi prima con Confindustria e poi con l’assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli. Un corteo dal Comune alle cave. Intanto lunedì è in programma un incontro con le amministrazioni comunali di Albiano, Fornace, Cembra, Pinè e Lona Lases, chiesto dai sindacati. «Tra i lavoratori non ci sono segni di stanchezza, ma siamo perfettamente consapevoli del sacrificio che richiedono tante giornate di sciopero. C’è però la consapevolezza che si sta lottando per difendere la dignità del proprio lavoro – notano Giampaolo Mastrogiuseppe e Fabrizio Bignotti, di Fillea Cgil e Filca Cisl – Restiamo convinti che ci siano le condizioni per riconoscere un migliore trattamento economico agli operai, coerentemente alla nostra proposta. Le aziende non possono continuare ad ignorare la protesta e il malcontento dei propri dipendenti». Le posizioni dei datori di lavoro sono ancora lontane dalle richieste degli operai. I secondi chiedono un aumento in busta paga di 200 euro lordi sulla parte fissa della retribuzione. Le imprese mettono sul tavolo del contratto provinciale solo 80 euro, distribuiti tra parte fissa e variabile (mensa, trasporti, premio risultato e cottimo) della busta paga.
Da annuncio dei sindacati, la decisione di portare avanti lo sciopero a oltranza preannuncia un mese di luglio movimentato sul fronte del lavoro trentino.

 

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