l’Adige – 12 gennaio 2024

«Rovereto è l’industria. Ed è in crisi». Cgil, Cisl e Uil: «Subito un vero rilancio della manifattura, o in futuro la Vallagarina sarà sempre più marginale»

Rovereto e la Vallagarina non possono fare a meno dell’industria. Le suggestioni di una Città della Quercia votata in futuro al turismo culturale e sportivo, all’università, ai centri di ricerca sono importanti, e vanno perseguite. Ma sono, almeno per ora, appunto suggestioni. La base economica e lavorativa “vera” su cui poggia ancora oggi la comunità lagarina è quella dell’industria. Quella manifattura che ha permesso lo sviluppo e la ricchezza di Rovereto e che oggi arranca.
L’appello arriva dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil del Trentino Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti. «Le istituzioni locali, dai Comuni più grandi come quelli di Rovereto e Mori alla Comunità di Valle, debbono assumere come priorità proprio quella di una nuova stagione di industrializzazione del territorio lagarino».
La crisi dell’industria. «Purtroppo – dichiarano i tre segretari – i dati confermano che è in atto una progressiva deindustrializzazione del Trentino. Come riporta il Documento di economia e finanza provinciale 2024-2026, le dinamiche dei diversi settori economici vedono, tra il 2008 e il 2020, una forte riduzione del numero di imprese dell’industria in senso stretto (-18%, oltre 1.200 imprese in meno), associata ad una flessione occupazionale del 29% (oltre 7.000 unità in meno). Si tratta di una situazione preoccupante, soprattutto per la Vallagarina che da sempre è il polmone provinciale dello sviluppo industriale e sulla quale negli ultimi trent’anni sono stati fatti molti investimenti pubblici, basti pensare al Progetto Manifattura, al Polo della Meccatronica e alla più recente Prom Facility».
Le sfide del futuro. «Rovereto e la Vallagarina – argomentano Grosselli, Bezzi e Alotti – debbono saper promuovere fino in fondo la propria storica vocazione manifatturiera. Senza un rafforzamento dell’industria sarà molto più difficile per l’intero Trentino cogliere le opportunità di sviluppo che verranno create dalle tecnologie digitali e dalla transizione ecologica. Una manifattura intelligente, innovativa e vocata alla sostenibilità è essenziale per garantire sempre più posti di lavoro di qualità e ben remunerati, per saper attrarre nel nostro mercato del lavoro giovani laureati o tecnici altamente professionalizzati, per favorire l’innalzamento degli investimenti privati che sono fondamentali per consolidare le ricadute sul sistema delle imprese locali e infine per consolidare il trasferimento tecnologico di quanto prodotto in termini di ricerca da università e centri di ricerca in Provincia».
Il lavoro nel manifatturiero. I più recenti dati occupazionali testimoniano come il settore manifatturiero continui ad essere molto attrattivo per la forza lavoro residente in Trentino, «proprio perché – sottolineano Grosselli, Bezzi e Alotti – garantisce maggiore stabilità occupazionale e condizioni retributive migliori rispetto ad altri comparti. Anche per questo, nonostante anche in Trentino nella seconda parte dello scorso anno si sia cominciato a registrare un significativo rallentamento delle dinamiche produttive che ha colpito in particolare l’industria, i saldi occupazionali nel manifatturiero nei primi due quadrimestri del 2023 risultano ancora positivi, anche se in calo rispetto al 2022. Ad agosto di quest’anno infatti il saldo tra attivazioni e cessazioni è pari a +76 posti di lavoro, contro il +326 di dodici mesi prima».
Il peso dei contratti a termine. Resta il nodo della scarsa stabilità dei nuovi rapporti di lavoro, che ovviamente risente anche per il Trentino meridionale della stagionalità dell’offerta turistica locale. Così anche nei primi otto mesi del 2023 solo il 13,3% dei contratti attivati è a tempo indeterminato (era il 12,8% nello stesso periodo del 2022), mentre i contratti a termine sono ben l’83,6% del totale. «Sono questi contratti purtroppo dove spesso si annidano le sacche di lavoro povero. Anche a questo proposito, se vogliamo garantire occasioni di lavoro più stabili, non possiamo prescindere dall’investire nell’industria. Se il Trentino vive una situazione di emergenza salariale, ciò è dovuto poi anche dal fatto che le imprese manifatturiere nelle quali la contrattazione collettiva nazionale e decentrata è più sviluppata e ricca, si stanno riducendo e con essa gli addetti del settore».
Cosa fare ora. «Nessuno – concludono Grosselli, Bezzi e Alotti – pensa che Rovereto debba tornare al passato puntando tutto e solo sull’industria come negli anni ‘60 e ‘70. Ma, nel necessario equilibrio tra le diverse vocazione economiche che compongono il mosaico produttivo del Trentino, la Vallagarina, oltre a promuovere quelle legate al turismo montano e a quello culturale, deve difendere e rafforzare la propria capacità di ospitare, attrarre e far crescere imprese industriali innovative per offrirsi al Trentino come hub manifatturiero legato a produzioni di alto livello e alle tecnologie smart e della sostenibilità. Le istituzioni locali chiamino a raccolta le categorie di settore e le nostre organizzazioni per definire insieme le misure necessarie da portare anche sui tavoli negoziali con la Provincia, affinché venga dato il giusto penso alle politiche industriali territoriali a favore di un nuovi insediamenti manifatturieri e del consolidamento e rafforzamento di quelli già esistenti, cercando di far crescere le piccole imprese del settore. Crediamo che questo debba diventare un tema centrale nel dibattito pubblico del territorio lagarino, anche in vista dell’appuntamento con il rinnovo dell’amministrazione roveretana. Le forze politiche che si candidano a guidare la città della Quercia per i prossimi cinque anni debbono offrire alla propria cittadinanza proposte concrete affinché Rovereto possa continuare ad essere un polo tecnologico ed industriale del Trentino. Se così non sarà Rovereto rischia di impoverirsi nei prossimi anni e di risultare sempre più marginale nelle traiettorie di sviluppo dell’Autonomia trentina».

 

 

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