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Sanità integrativa, firmato l’accordo per l’ingresso di Sia3 in Sanifonds trentino
L’intesa sarà effettiva con l’inizio del 2020. Coinvolti 10mila lavoratori del comparto artigiano
Soddisfazione di Cgil Cisl Uil del Trentino e Associazione Artigiani e Piccole Imprese
E’ stato firmato questa mattina dalle parti sociali l’accordo per l’ingresso del fondo sanitario integrativo artigiano Sia 3 in Sanifonds trentino. L’intesa, sottoscritta Cgil Cisl Uil del Trentino con l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese insieme ai vertici di Sia 3, porterà all’integrazione per incorporazione del fondo artigiano in Sanifonds Trentino. Nei prossimi mesi l’accordo dovrà essere approvato dai consigli di amministrazione dei due fondi, dunque si lavorerà fino alla fine del 2019 per rendere esecutivo l’accordo. I lavoratori coinvolti saranno circa 10mila. In questo modo il numero iscritti a Sanifonds raggiunge quota 53mila, raddoppiando di fatto in tre anni il numero iniziale di aderenti. L’accordo prevede che sia garantita la continuità delle prestazioni sanitarie attualmente erogate ai dipendenti artigiani tramite Sia 3.
Soddisfazione per la firma è stata espressa sia dai vertici dell’Associazione Artigiani, sia dai segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino. “’C’è davvero grande soddisfazione per essere giunti al termine di un percorso iniziato da diversi anni – ha commentato il presidente di Via Brennero Marco Segatta -. Si tratta di un passo importante a tutela sia dei datori di lavori che dei dipendenti, l’Associazione che presiedo ha mantenuto l’impegno preso andando avanti lungo la strada definita a suo tempo”.
Dal canto loro le organizzazioni sindacali hanno sottolineato il valore dell’intesa raggiunta stamattina, ribadendo anche che questa firma contribuisce a costruire un sistema sanitario integrativo più forte e strutturato per affrontare sfide complesse come quella della non autosufficienza. “Siamo soddisfatti per un passaggio che rafforza il sistema di welfare integrativo trentino – hanno detto i tre segretari generali Franco Ianeselli, Lorenzo Pomini e Walter Alotti -. Si tratta di un’intesa, raggiunta in autonomia dalle parti sociali, che permetterà di avere tutele più forti per i lavoratori dell’artigianato e che rafforza il sistema di sanità integrativa trentina a vantaggio di tutti i lavoratori”.
Il progetto della sanità integrativa trentina ha visto nelle scorse settimana anche la firma di un’intesa quadro su Sanifonds tra sindacati e Confindustria Trento. “A questo punto riteniamo che sia opportuno ricercare collaborazioni anche a livello regionale. Sappiamo che anche in provincia di Bolzano c’è un cantiere aperto sulla sanità integrativa e sarebbe auspicabile un coinvolgimento attivo di Pensplan per rafforzare questa dimensione. Ci aspettiamo che la nuova giunta regionale lavori per agevolare la creazione di un sistema regionale di sanità integrativa a differenza della precedente, che ha preferito non facilitare questo percorso”, concludono i tre segretari.
L’accordo è stato firmato dal presidente dell’Associazione Artigiani, Marco Segatta, dal presidente di Sia 3 Walter Largher (Uil), dal vicepresidente di Sia 3 Alessandro Tamanini (Artigiani) e dai tre segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino. Alla firma era presente anche il direttore dell’Associazione artigiani Nicola Berardi.
Trento 21 gennaio 2019
Scarica il pdf: 20190121_accordo sia3sanifonds


Comunicato Stampa Uil Trentino- di Walter Alotti
Alloggi Itea – le ragioni di inefficacia delle ipotizzate nuove regole di accesso per i cittadini residenti non italiani che la giunta Fugatti vuole introdurre. Per la Uil la soluzione dell’”abitare” in affitto sta piuttosto nel reperimento ed assegnazione dei tanti alloggi sfitti e nella riassegnazione delle tante abitazioni o complessi residenziali da ristrutturare ( es. “Palafitte” S.Bartolomeo – “Nave” S.PioX).
Dopo la stretta sull’”accoglienza” di profughi e immigrati, la sospensione dei corsi sull’educazione di genere nelle scuole trentine e quella della solidarietà internazionale, oltre alla proposta di “militarizzazione” del centro di Trento, l’altro provvedimento bandiera che la giunta Fugatti ha già preannunciato e che probabilmente sarà adottato a breve riguarderà l’edilizia pubblica sociale. Come già in altre regioni si pensa di contenere la quota di case popolari assegnate agli stranieri innalzando i requisiti di residenza anagrafica, addirittura per 10 anni, ed assenza di altre proprietà. In realtà l’efficacia della prima misura è dubbia, mentre per la seconda è assai complesso da verificare.
Requisiti di residenza più rigidi.
Partendo dal presupposto che la Corte costituzionale ha già censurato – con la sentenza n. 106 del 24 maggio 2018 e, prima, con quella 168 del 2014 – i tentativi di alcune regioni di inasprire, per i soli cittadini di stati extra Ue, le condizioni da superare per accedere alle case popolari, tante regioni italiane (in ultima sei mesi fa anche la “rossa” Emilia-Romagna) hanno reso più difficile, per tutti i richiedenti alloggio, ma mai oltre i 5 anni, soddisfare i due requisiti necessari per concorrere ai bandi per l’assegnazione degli alloggi pubblici: la residenza anagrafica e l’assenza di altre proprietà. Così facendo essi non costituiscono una “forma dissimulata di discriminazione” nei confronti di nessuno. In realtà l’obiettivo è quello di contenere la quota di alloggi assegnata con ogni bando agli stranieri, cioè a cittadini europei non italiani e di quelli extra comunitari, esterni all’Unione europea. Tutto evidentemente in funzione dello slogan elettorale sovranista e non: “la casa popolare prima agli italiani” ovvero “Casa ITEA prima ai trentini” slogan che avvince politicamente, ma non produce poi grandi effetti reali sull’assegnazione di abitazioni a canone sociale agli “italiani”.
Dalla tabella 1 allegata – fonte sito “lavoce.info”- si può osservare che sono diverse le regioni ove è necessario avere maturato una anzianità di residenza maggiore che in Trentino per concorrere ai bandi per l’assegnazione degli alloggi popolari. Ma l’efficacia dell’anzianità di residenza per spostare a favore degli italiani e dei trentini il baricentro della composizione delle liste di attesa degli assegnatari, prima, e delle assegnazioni delle case popolari, poi, è destinata inevitabilmente a ridursi in poco tempo. Sono poco efficaci gli effetti anche di un periodo non breve. Infatti, indipendentemente dal numero di mesi o di anni che devono trascorrere per raggiungere il requisito, la sua efficacia massima si produce solo nel periodo immediatamente successivo alla sua assunzione da parte della regione. In seguito, il flusso degli immigrati che potrà presentare la domanda per l’alloggio popolare si avvicinerà sempre più alla consistenza che aveva in precedenza, poiché con il trascorrere del tempo aumenterà l’anzianità di residenza di una quota crescente di stranieri.
Tabella 1 – Verifica del requisito della residenza per concorrere ai bandi di assegnazione degli alloggi
Verifica della proprietà all’estero. Chi poi fosse già proprietario di una casa adeguata alle esigenze della sua famiglia o di un diritto d’usufrutto, d’uso o di abitazione su di essa, non può concorrere all’assegnazione di un alloggio pubblico. Nella maggioranza delle regioni il requisito di non possedere un alloggio deve essere soddisfatto al massimo entro i confini italiani, come si può verificare nella tabella 2 allegata – fonte sito “lavoce.info” – Alcune regioni, però, Emilia Romagna e Toscana comprese, hanno esteso all’estero questa verifica, con la speranza che ciò possa allentare la pressione degli stranieri sulle assegnazioni. Naturalmente, la motivazione addotta per l’allargamento dei confini è di principio: gli stranieri devono essere assoggettati agli stessi vincoli degli italiani. Ma l’efficacia della scelta dipende da due fattori.
Il primo motivo è dato dal fatto che molti dei paesi extra comunitari da cui arrivano gli stranieri non hanno un catasto o altri sistemi di registrazione delle proprietà immobiliari, per cui diventa impossibile verificare le dichiarazioni rese dai presentatori richiesta. In secondo, ammesso che si riesca ad accertare che uno straniero è proprietario di una casa nel suo paese, la sua adeguatezza deve essere valutata con lo standard di quel paese oppure con quello previsto dalla normativa trentina?
Ed in quel caso sarà molto probabile che aver esteso al paese d’origine dello straniero l’area di verifica sul requisito di non possedere altri alloggi non produca poi effetti apprezzabili.
Tabella n.2 – Estensione ambiti territoriali dei controlli
Dall’ultimo Bilancio Sociale Itea 2017 risulta la presenza di 567 nuclei assegnatari stranieri “extracomunitari” (5,6%) e 273 nuclei comunitari non italiani (2,8%) su 9.782 famiglie di inquilini totali, mentre sono 3.492 i nuclei di adulti sopra i 65 anni (35,7)% . Quindi anche sommandoli , il totale degli stranieri si attesta sull’8,6 per cento del totale, di fatto in linea con l’incidenza degli stranieri residenti oggi in Italia (8,3 per cento). L’allarme sulle presenze straniere nelle case pubbliche appare quindi fortemente esagerato, con chiare motivazioni politiche.
E in una provincia con migliaia di alloggi sfitti la soluzione non può essere quella di nuove costruzioni, ma va ricercata in accordi tra comuni, Itea, sindacati dei lavoratori e associazioni di costruttori per permettere di ampliare il patrimonio di alloggi popolari, a costi non proibitivi, partendo da quelli già esistenti e ampliando le agevolazioni fiscali per i contratti a canone concordato e soprattutto moderato.Per contro, anche in Trentino verifichiamo due incontrovertibili fatti: a) quella per la casa è una delle politiche più trascurate negli ultimi anni; b) considerando l’intero patrimonio, la percentuale delle case popolari assegnate a famiglie italiane è nettamente maggioritaria.
È difficile però che le due affermazioni riescano a erodere il consenso che la Lega ed i suoi alleati politici possono coagulare sulla parola d’ordine “le case popolari prima ai trentini”.
Il patrimonio di alloggi di proprietà pubblica è sicuramente inferiore al fabbisogno. Sarebbe pertanto auspicabile promuovere gli investimenti necessari per accrescere in modo consistente il numero delle case popolari con la realizzazione di nuovi alloggi, ma anche destinando risorse più consistenti al recupero di tutte quelle abitazioni che non possono essere assegnate a causa del cattivo stato di conservazione. Ma pur supponendo che ciò possa succedere, la composizione dei nuovi inquilini tra famiglie di immigrati e famiglie italiane non cambierebbe di molto se i criteri di formazione delle graduatorie rimangono quelli di oggi.
Quanto al fatto che nelle case popolari risiedano oggi molte più famiglie italiane che immigrate, tralasciando l’incongruenza metodologica di confrontare un dato di flusso con uno di stock, è una constatazione che interessa ben poco alle persone in attesa dell’assegnazione. Per chi aspetta una casa non conta il passato, ma ciò che succede oggi e che succederà domani: sempre più immigrati “portano via la casa” agli italiani. Peraltro, l’argomento della prevalenza delle famiglie italiane nello stock di alloggi è destinato a perdere vigore con l’aumento della velocità di ricambio degli assegnatari, che sarà più elevata in Trentino poichè più alta la percentuale degli attuali inquilini molto avanti con l’età o dove si è deciso di accelerare il turn over, per esempio abbassando i livelli dei parametri da cui dipende la permanenza nell’alloggio.
Potrebbe allora rivelarsi più utile un’operazione di chiarificazione politica: affermare esplicitamente che la possibilità per gli immigrati di concorrere all’assegnazione degli alloggi pubblici è, al pari della copertura delle altre prestazioni dello stato sociale, una componente delle politiche di welfare che hanno anche finalità di integrazione di coloro che vivono legalmente nel nostro paese. Immaginiamo lo scarso consenso che potrebbe suscitare questa operazione, ma andrebbe alla radice del problema; e sfiderebbe quelle forze conservatrici che non si dicono contrarie all’integrazione degli immigrati regolari a dire se l’assegnazione delle case popolari è o no uno strumento di quell’integrazione.
Scarica il pdf: Alloggi Itea – nuove, inefficaci regole di accesso per cittadini residenti non italiani

Comunicato stampa 19/1/2018
Condoglianze UIL del Trentino per scomparsa Vice Presidente Rodolfo Borga
La Uil del Trentino esprime cordoglio alla famiglia ed alla comunità trentina per la prematura scomparsa del Vice Presidente della Provincia Autonoma di Trento avv. Rodolfo Borga.
Esce dalla scena politica trentina una persona preparata e seria che ha sempre dato, anche come amministratore, un grande contributo al dibattito provinciale e che studiava, si muoveva, sceglieva e si esprimeva secondo le proprie idee, senza tanti preconcetti ideologici.
Mancherà al Consiglio Provinciale e Regionale la sua stimata competenza ed alla nuova compagine governativa la capacità di Borga di intelligente mediazione politica, esercitata già in passato dal campo dell’opposizione e di cui sicuramente ci sarà tanto più bisogno, per la neo coalizione di maggioranza, nel futuro prossimo.
Segretario Generale
Uil del Trentino
Walter Alotti
Scarica il pdf: condoglianze Borga


