Corriere del Trentino – 07 aprile 2024

«Fondi all’università, bene l’intesa». Cgil Cisl e Uil sostengono l’Ateneo sul femminile sovraesteso: «Dal Governo e dai parlamentari attacchi inopportuni»

«È sicuramente una notizia positiva per il nostro ateneo e per l’intero sistema di istruzione trentino lo sblocco di ulteriori finanziamenti statali all’Università di Trento». Cgil Cisl e Uil entrano nel dibattito sull’università trentina, e lo fanno per due motivi. Da una parte, l’apprezzamento per la soluzione del problema finanziario, annunciato venerdì dal presidente della provincia Maurizio Fugatti. Dall’altra, nel momento in cui di UniTn parlano, i sindacati trentini si schierano a fianco dell’università anche rispetto alle ultime scelte che l’hanno portata agli onori delle cronache nazionali, come il regolamento declinato tutto al femminile. Una scelta apprezzata da parte della società, ma ferocemente contestata da altri.
Con ordine. La notizia ieri era quella legata ai finanziamenti: la Provincia ha trovato l’intesa con il Governo, per aumentare la quota base di finanziamento dell’università (ora a 114 milioni di euro) di 13 milioni di euro l’anno. Una buona notizia perché quei fondi permetteranno, se arriveranno entro giugno, periodo in cui si approva l’assestamento di bilancio dell’ateneo, di chiudere il 2024 in pareggio, senza tagliare servizi. I sindacati da tempo seguivano la vicenda dei fondi all’università, e dall’anno scorso si erano fatti sentire evidenziando la necessità di garantire a UniTn le risorse necessarie per mantenere a livello d’eccellenza l’offerta formativa e l’attività di ricerca. L’interesse è facilmente comprensibile: un territorio con un’università forte può contare su un sistema di ricerca efficiente e, in un collegamento virtuoso, ha la possibilità di avere un tessuto economico più attento all’innovazione, aspetto fondamentale per una crescita della produttività.
Ieri quindi la reazione non poteva che essere positiva, davanti all’annuncio dei 13 milioni aggiuntivi, che rimpingueranno le casse dell’ateneo: «Bene quindi ha fatto la giunta provinciale a perseguire un fitto negoziato con il ministero a Roma per giungere ad una soluzione che mette in sicurezza il bilancio della nostra università. Si tratta di un riconoscimento al buon funzionamento del nostro ateneo e della sua eccellenza tra le università di media dimensione in Italia» osservano i segretari generali Andrea Grosselli (Cgil), Michele Bezzi (Cisl) e Walter Alotti (Uil).
Nell’occasione, i sindacati si sono espressi anche sulla vicenda del regolamento al femminile. La notizia è della settimana scorsa: l’Università, dovendo scegliere un solo genere, ha scelto il femminile sovraesteso. Il femminile, cioè, per indicare anche il maschile (come si è sempre fatto al contrario, per intendersi, senza che nessuno avesse da ridire, se le donne venivano chiamare come i maschi). Una provocazione, l’ha definita lo stesso rettore Ilario Deflorian spiegando l’iniziativa, utile per accendere un faro sul problema della parità di genere.
Parlano al riguardo di scelta innovativa i sindacati: «Un’eccellenza (quella dell’università, ndr) che si persegue anche facendo scelte innovative. Tra queste c’è anche la scelta del femminile sovraesteso nel regolamento dell’Università di Trento con la quale il consiglio di Ateneo ha dimostrato non solo di saper cogliere i cambiamenti in atto nella nostra società, ma anche di dare sostanza alla forma con un atto simbolico importante. Fuori tono invece le parole dei parlamentari della maggioranza di governo, che entrando a gamba tesa sulle decisioni assunte dall’Ateneo, dimostrano di dimenticare o non tenere nella doverosa considerazione che le Università sono autonome e in quanto tali le loro scelte vanno rispettate se non sono contro la legge. È evidente che il percorso per una reale parità dei generi è ancora lungo. Sicuramente, però, dal nostro punto di vista, decisioni come quella di Via Calepina contribuiscono a portare avanti questo processo di emancipazione anche linguistica, in linea con i cambiamenti che sono comunque in essere nella nostra società. L’Università, come luogo di sapere, spinge lo sguardo avanti».

 

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