Il T – 15 luglio 2023

Manca personale e le case di riposo vanno in missione “nell’Europa dell’Est

Una dozzina di case di riposo trentine aspetta la chiamata da un momento all’altro. E non si tratta di una telefonata piacevole. È quella che comunicherà alle varie Rsa e Apsp che gli infermieri che hanno vinto il concorso sono chiamati in servizio. «Potrebbe arrivare da un momento all’altro, già in questi giorni» spiegano gli addetti ai lavori. E da un momento all’altro, quello che è un problema che si trascina da tempo potrebbe trasformarsi in un vero e proprio allarme, con diverse strutture che farebbero fatica a seguire i propri pazienti. La situazione è delicatissima e anche se, volendo, l’Apss — che ha altrettanto bisogno di personale — potrebbe forzare la mano fin da subito, è stata scelta la via della trattativa, valutando anche proroghe prima del trasferimento di personale. La situazione, insomma, preoccupa e non poco e i responsabili delle strutture stanno correndo ai ripari. Come? Sostituire gli infermieri in uscita con «nuove leve» è praticamente impossibile. Resta un’altra via, cercare di attirarli dall’estero. Anche in questo caso è più facile a dirsi che a farsi, visto l’esodo verso l’estero che riguarda anche i sanitari trentini: circa duecento di loro hanno scelto questa via. Il target è soprattutto quello dei paesi balcanici, soprattutto Moldavia, Romania e Albania, tre nazioni che hanno un rapporto privilegiato con la lingua italiana. E il gruppo Spes che gestisce sette residenze convenzionate, si è recato, la settimana scorsa, in un’importante università dell’Est Europa, per parlare con i laureandi in infermieristica delle prospettive di carriera. «Stiamo davvero navigando a vista – spiega Italo Monfredini, direttore di Spes – il punto chiave è chiarire quale sia il fabbisogno di infermieri in Trentino. È un dato che la Provincia dovrebbe sapere, ma non lo conosciamo. Senza questo non si può fare programmazione. E finisce che vengono drenate risorse professionali dalle case di riposo, come è avvenuto con il concorso. Noi dobbiamo fare i conti con undici uscite.
Stiamo cercando di programmarle, ma si tratta di risorse, di persone importanti che è difficile rimpiazzare». La «fuga» degli infermieri, stimati in circa settanta, verso l’azienda sanitaria fa arrabbiare i vertici delle Rsa ma, precisa Monfredini «è una scelta pienamente legittima. Noi dobbiamo trarre le conseguenze. E quando c’è carenza di manodopera non resta che ricorrere all’immigrazione. Si sarebbe potuto sperare che le università ne formassero di più. Ma da dove vengono gli infermieri trentini? Principalmente dall’ateneo di Verona. E non ho mai visto un territorio lavorare per favorirne un altro».
Del tema si è discusso anche sul tavolo con le sigle sindacali dell’area sanità, che si è tenuto in Provincia lunedì 10 luglio. E se ne discuterà ancora martedì 18, con il secondo e ultimo incontro. I sindacati del comparto sanitario non rappresentano gli infermieri delle Rsa, che hanno il contratto degli enti locali, e questo è parte del problema, dato che è la causa a monte del divario per quanto riguarda il trattamento economico. Ma è impossibile non affrontare la questione dei trasferimenti e, più in generale, della carenza. Le sigle (al tavolo Cgil, Cisl, Uil, Nursing Up e Nursind) hanno sottolineato la priorità della riforma dell’ordinamento professionale, che consentirebbe di rivedere la classificazione del personale. Chiesto anche un «riconoscimento del disagio e del merito», con un sistema di incentivazione, per riconoscere i sacrifici di una categoria a cui è stato chiesto molto. Una serie di problemi che erano già stati messi sul tavolo da alcune coordinatrici delle Rsa, in una lettera aperta inviata ai quotidiani trentini nei giorni scorsi.

Scarica il pdf: IL T sanita ART 150723