l’Adige – 25 gennaio 2024

Scuola. Debiti, un sistema che va cambiato

A seguito delle parole dell’Assessore all’Istruzione, si è riaperto il dibattito sul sistema trentino della valutazione dei nostri ragazzi. Il mondo della Scuola chiede il superamento di un sistema che sembra ristrutturare i debiti, anziché consolidare competenze e conoscenze.
Per centrare l’obiettivo serve sia un impegno politico volto a cambiare le norme di legge e di contratto, sia un impegno formativo e didattico da parte di dirigenti, docenti, allievi e famiglie.
Siano ripristinati, nel corso dell’anno scolastico, percorsi di recupero-finestre/sportelli formativi: affianchiamo e sosteniamo didatticamente i nostri allievi. Al termine delle lezioni, qualora permangano conoscenze e competenze da consolidare, si offra infine un’ulteriore possibilità “riparatrice”.
Ed invece no. In Trentino le carenze formative certificate, al pari di un debito in perenne ristrutturazione, vengono trascinate nel corso degli anni ed infine celate da una media matematica, prima dell’esame di Stato.
Trappola pedagogica, perché permette alla scuola di apparire accudente, comunque indulgente, mentre non fa altro che volgere lo sguardo altrove, spostando il problema più avanti. Ché presto o tardi i ragazzi saranno chiamati a dimostrare conoscenze e competenze raggiunte: se non sarà l’Università a chiederle, sarà il mondo del lavoro. Ed allora le lacune non colmate presenteranno il conto. E la trappola pedagogica le sue fattezze!
Introdotti dalla Ministra Moratti, utilizzando peraltro il linguaggio dell’economia, i debiti ed i crediti formativi hanno continuato a vivere in Trentino, andando a generare, anno dopo anno una sorta di “carico pendente” per gli allievi che hanno incontrato importanti difficoltà.
La Uil Scuola, inascoltata, portò medesimi rilievi all’allora Presidente Lorenzo Dellai. A nostro giudizio è necessario arrivare alla fine di un anno scolastico avendo consolidato le competenze rispetto alle diverse discipline. Il percorso scolastico è un po’ come un personale tour della formazione: vi sono delle tappe e ogni allievo deve poter giungere al traguardo, prima di iniziare una nuova tratta. Tanto più in un tempo come il nostro, dove il percorso scolastico deve poter proseguire in un viaggio formativo lungo tutta la vita.
Certo la risposta non può limitarsi ad immaginare il ritorno ad una scuola popolata da docenti che, come inesorabili censori, interrogano – correggono, quindi certificano mancanze. Una scuola che, cristallizzando le differenze, trasforma il privilegio in merito è una scuola che abdica alla propria funzione costituzionale, perché di fatto esclude dalla possibilità di raggiungere i livelli più alti dell’istruzione le persone prive di mezzi. Una scuola che non riesce a compensare le ineguaglianze è una scuola che perde la sua ragione di esistere.
La scuola generalista, trappola pedagogica, fa il paio con la scuola novecentesca della selezione. Due facce di una medesima medaglia: quella della iniquità.
La Scuola che vogliamo, pubblica – a carattere statale, è quella che dà risposte a ciascuno dei nostri ragazzi: è di tutti e per ciascuno. Una scuola che riesce a lavorare con una didattica individualizzata (strade diverse per raggiungere obiettivi comuni) e personalizzata (strade convergenti e divergenti per raggiungere obiettivi formativi personali).
Una cosa è certa: ai nastri di partenza di un nuovo anno scolastico dovremmo vedere solo ragazzi che hanno recuperato ogni ritardo, consolidando le proprie competenze e conoscenze.
Così va a compimento la funzione costituzionale della Scuola della Repubblica.

Pietro Di Fiore
Segretario Uil Scuola

 

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