Il T – 02 marzo 2024

Conceria Vallarsa «L’azienda non paga»

A pochi giorni dall’avvio del processo penale per i fatti accorsi alla Conceria Vallarsa nel 2021, quando l’allora dipendente ventiduenne rimase con una mano incastrata nel macchinario, i sindacati puntano il dito contro l’azienda e il titolare che, ad oggi non ha ancora versato il risarcimento del danno previsto. Un atto che permetterebbe all’uomo di accedere alla messa alla prova (subordinata alla prestazione di un lavoro di pubblica utilità che l’imputato deve reperire) disposta dal Tribunale di Rovereto nel luglio scorso. Ad oggi però i timori dei sindacati, visto il mancato pagamento, sono quelli di vedere come tutto rischi di procedere, o meglio di non procedere nel verso giusto e verso un nulla di fatto. «Ad oltre tre anni dall’incidente – scrivono i sindacati di Cgil Cisl e Uil – la vittima dell’infortunio non ha ricevuto nessun risarcimento del danno subito. La sua vita è cambiata per sempre e negli ultimi tre anni ha dovuto affrontare un calvario emotivo e fisico per riprendere in mano la sua esistenza. Il tutto mentre il titolare dell’azienda ha continuato a trascorrere le sue giornate nella normalità: la messa alla prova disposta dal Tribunale di Rovereto nel luglio scorso si è tradotto in un nulla di fatto. Potrà accedervi solo se verserà il risarcimento del danno previsto. Cosa ad oggi non avvenuta. Di fatto nessun tipo di pena. Avvilisce – continua Manuela Faggioni responsabile salute e sicurezza Cgil – vedere come gli effetti della mancata sicurezza sul lavoro si abbattono sulle vite delle persone. L’imprenditore non sta pagando per le sue responsabilità. Il punto non è la questione economica quanto il fatto che c’è una sproporzione. Come si può pensare che possa funzionare lo strumento della patente a punti se oggi l’impresa non paga per le sue responsabilità?» I sindacati sottolineano come «le indagini abbiano accertato che si lavorava in condizioni simili alla prima metà del ‘900. C’erano macchinari vecchi e non sicuri; inoltre la lavoratrice aveva una formazione insufficiente a garantire l’operare in sicurezza. Il tutto in un ambiente di lavoro che la vittima ha descritto come malsano, con calcinacci sul soffitto e particolarmente umido».

 

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