Il T – 09 gennaio 2024

I sindacati aprono a Fugatti sui redditi «Ma si passi ai fatti»

«Siamo pronti a dare il nostro contributo alla definizione di un patto per la qualità del lavoro in Trentino, a partire da più alti livelli delle retribuzioni. In fondo siamo pronti fin dall’ottobre del 2020 quando lo proponemmo alla prima giunta Fugatti. Confidiamo che si passi al più presto dalle parole ai fatti perché siamo in piena pandemia salariale». La volontà del presidente Fugatti di un’imminente convocazione di tutte la parti sociali al palazzo della Provincia — annunciata domenica scorsa a «Il T» — è salutata con soddisfazione da parte dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil del Trentino. Il fatto che la giunta abbia assunto come priorità quella dell’innalzamento dei salari è già considerata una prima vittoria da Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti. «Ma le lavoratrici ed i lavoratori hanno bisogno di risposte concrete — ribadiscono i tre sindacalisti — perché il costo della vita in Trentino continua ad essere mediamente più alto del resto d’Italia, e con l’inflazione triennale al 16% chi lavora ha perso almeno due buste paga in termini di potere d’acquisto. Il tutto mentre i salari medi in Trentino, come diciamo da tre anni almeno, sono a volte più bassi di quelli nazionali». A ciò si aggiunge il ritardo nei rinnovi dei contratti collettivi che rendono ancora più precarie le condizioni del 60% dei dipendenti. «Sono ben 120 mila i lavoratori in Trentino che non ricevono aumenti da tre, quattro, addirittura cinque anni. Commessi, camerieri, operatori sociali e tanti impiegati del settore privato. Molte di queste figure professionali operano anche negli appalti pubblici e nel sistema delle esternalizzazioni, dalle mense all’assistenza territoriale. Fa bene quindi la Provincia a non girare la testa di fronte ad un tale scempio». Per questo però i sindacati chiedono norme stringenti nell’accesso ai contributi provinciali, cancellando i sostegni a pioggia alle imprese come gli sgravi Irap che costano alla Provincia circa 80 milioni di euro l’anno. «Bisogna valorizzare e sostenere la contrattazione collettiva, sia essa nazionale che territoriale. Su questo fronte anche la Provincia deve assumere un nuovo atteggiamento verso le aziende locali, garantendo incentivi solo a quelle che rinnovano i contratti e che investono davvero. Anche così si dà impulso alla contrattazione, alla produttività e alla crescita dei salari». Tra l’altro Fugatti ha già sulla sua scrivania una serie di proposte avanzate dal sindacato trentino in un documento unitario preparato a settembre in vista del voto per le provinciali. Si parla di giovani e precarietà («stop ai tirocini extracurricolari, più apprendistato anche duale»), occupazione femminile («sgravi Icef per le donne che lavorano»), casa («fondo housing sociale e recupero alloggi sfitti di Itea»), tasse («addizionale Irpef») ma anche natalità e famiglie. «Su questo punto — ribadiscono i sindacalisti — i bonus non bastano. Per contrastare la denatalità servono politiche strutturali a partire dal rafforzamento dei servizi di conciliazione e dall’indicizzazione dell’Assegno unico al costo della vita, in assenza del quale la Provincia contribuisce a impoverire le famiglie con figli, riducendone la capacità di spesa». Su un punto incalzano Fugatti. «Sulla questione migranti — spiegano — le dichiarazioni del presidente appaiono troppo ideologiche e poco concrete. I richiedenti asilo sono una risorsa perché le nostre aziende continuano ad avere bisogno di manodopera. Chi arriva in Trentino ha il dovere di essere formato nella lingua italiana ed essere avviato al lavoro. Lo fanno in Austria e in Germania. Avere centinaia di persone che non fanno nulla dalla mattina alla sera perché la Provincia non organizza un minimo di servizi è davvero assurdo».

 

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