l’Adige – 06 novembre 2023

Lavoro pubblico sempre meno ricco

Per decenni era il posto sicuro, colonna dell’Italia dal Dopoguerra ad oggi. Quello in cui si entrava e nessuno ti portava via, non importa cosa succedeva intorno. Il posto pubblico. Nel tempo come è cambiato? Sicuro lo è ancora, niente da dire, ma forse è meno conveniente di un tempo, per lo meno in Trentino, dove gli stipendi sono più bassi che nel resto d’Italia e molto più bassi che a Bolzano o nelle altre speciali. A fare la fotografia del dipendente pubblico da Borghetto a Salorno ci pensa l’Ispat, che ha fatto un’analisi dal 2017 al 2021. E cosa ne esce? Sempre più persone al lavoro in Provincia e sempre meno nel Comuni. Un’età media in crescita tragicamente costante. Ma anche una specializzazione più spinta: sono sempre di più i laureati. Quanti sono e come sono. Partendo dai numeri, a fine 2021 in Trentino erano 42.037 di cui 37.908 dell’amministrazione locale e gli altri dell’amministrazione centrale (ministeri, Inps e così via). Il che, su una popolazione di 540.958 trentini, significa che il tasso su mille abitanti è di 77,7. Meno dell’Alto Adige (42.085 dipendenti, 79 su mille), ma parecchio di più delle regioni a statuto ordinario (52,7 su mille). Un numero più ampio dovuto, ovviamente, alle maggiori competenze di cui si deve occupare la Provincia di Trento. Quanto alla fotografia del dipendente pubblico medio, aumenta anche nel pubblico la precarietà – che nel mondo moderno si chiama lavoro flessibile – seppur di poco: dall’11,2% del 2017 si è passati al 13,5% nel 2021. Restano stabili i contratti part time (il 26%) e aumenta la quota di donne (69,7%). In generale, tuttavia, donne e uomini sono sempre più vecchi: gli ultra 55enni erano il 31,1% nel 2017, dopo 5 anni ora sono il 32,4% ma anche sempre più istruiti: i laureati sono saliti dal 36,7% al 44,4%.
Comuni penalizzati. Se si guarda al calderone dell’amministrazione locale, si trova di tutto. Ma in questi anni, dopo la fine de patto di stabilità e l’apertura alle assunzioni, non tutti gli uffici sono stati riempiti con la stessa velocità. Chi sta meglio, in proporzione, è la Provincia: nel 2017 il 28,2% dei dipendenti delle Amministrazioni locali erano tra piazza Dante e uffici collegati, cinque anni più tardi la percentuale è salita al 29,6%. Male è andata invece – e lo si sente ogni giorno, dai sindaci che lamentano le difficoltà gestionali dei municipi – con i Comuni, le Comunità di valle e le Comunità montane, passati dal 15% al 13,9%. Infine in proporzione sul totale dei dipendenti pubblici sono cresciuti seppur di poco, limitandosi alle tre macroaree più evidenti, i lavoratori dell’Azienda sanitaria, passati dal 19,7% al 20,1%.
Stipendi più leggeri. È la nota dolente di tutti gli stipendi trentini, i dipendenti pubblici non fanno eccezione. Però nell’analisi storica si vede quando i salari hanno iniziato a divergere. Secondo l’Ispat il costo medio del personale pubblico – dopo essere stato in Trentino e in Italia sostanzialmente allineato per quasi tutto il decennio – qui si è stabilizzato dal 2018, mentre è cresciuto in modo consistente a livello nazionale già dal 2017. Risultato: nel contratto autonomie locali nel 2021 lo stipendio medio – al netto della parte contributiva a carico del datore di lavoro – era di 33.197 euro, mentre nelle altre regioni a statuto speciale era di 36.928 e in Alto Adige (per citare i cugini più fortunati) era di 43.236. Il dato è interessante nel suo trend storico, soprattutto se paragonato al resto della penisola, ma certo non è in senso assoluto considerato attuale: oggi, con l’ultimo rinnovo contrattuale, le cifre sono più alte. Ma è in crescita anche lo stipendio a livello italiano e soprattutto nelle altre province e regioni autonome.

 

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