Il T – 20 agosto 2023

Scuole per l’infanzia, assunzioni solo per chi sa le lingue

Dopo il dibattito sull’apertura a luglio, le scuole dell’infanzia sono attraversate da un’altra ondata di malcontento. Questa volta a far discutere è la distribuzione delle assunzioni, nelle scuole provinciali, fra insegnanti con l’abilitazione per almeno una lingua straniera e quelle che invece ne sono sprovviste. «Anche quest’anno non c’è stata nessuna nuova assunzione sui posti di sezione (per chi non ha competenze in linguistica, ndr)», commenta Daniela Tabarelli, Uil scuola infanzia. Il 10 di agosto la Provincia ha infatti assegnato 25 cattedre, a tempo indeterminato, esclusivamente a chi è abilitato all’insegnamento di inglese o tedesco. Questo significa che all’interno di una stessa graduatoria è stata data la priorità a chi aveva in curriculum delle competenze linguistiche, anche se con punteggio complessivo inferiore ad altre colleghe che non possono “vantare” spunte sotto alle colonne “inglese” o “tedesco”. Il concetto di plurilinguismo in età prescolastica è nato già nei primi anni 2000 ed è stato rafforzato nel 2018 da un sistema strutturato voluto dall’allora governatore Ugo Rossi. Se da un lato si pensa ad abituare i più piccoli ad un contesto poliglotta sempre più richiesto nel mondo del lavoro che verrà, dall’altro nella sua applicazione non mancano alcune criticità. «Ci sono quasi 600 insegnanti in graduatoria e per fare spazio alle lingue si sono scavalcate le docenti (storiche, ndr) partendo da posizioni più in basso», dice la sindacalista. Non solo, il plurilinguismo sarebbe più sulla carta che nei fatti: «Alcune docenti hanno solo un esame di livello B1 affrontato durante l’università. Stiamo vendendo un progetto dove la qualità non c’è. Tant’è vero che alcune rinunciano al posto perché non si sentono preparate per essere assunte in quel ruolo». E i numeri sembrano confermare questo fenomeno. Quest’anno sono state ben 18 le insegnanti a rinunciare al contratto indeterminato sui posti in lingua (25 in totale), fra “titolari” e “riserve”. Tra queste c’è Monica Zanoner: «Mi hanno chiamata ma ho rifiutato e so che non sono l’unica. Conosco molte persone che addirittura non hanno voluto inserire nel proprio punteggio l’esame di lingua. Certo, io ho avuto il lusso della scelta in quanto sono stata convocata anche dalla Federazione delle scuole equiparate. Ma per tante questa è l’occasione di una vita e devono pensare anche alla famiglia da mantenere». Alternative di qualità, secondo la docente, ce ne sarebbero: «Si potrebbe inserire un progetto linguistico, come si fa ad esempio con i laboratori di teatro o di musica, dove l’educatore esterno si incrocia con l’insegnante per un certo periodo». Al fine di stabilizzare le insegnanti precarie con molti anni di lavoro alle spalle, la Provincia aveva indetto nel 2020 un apposito concorso. Ma al ritmo attuale le assunzioni avanzano troppo lentamente. Lorena Nicolini è precaria da 30 anni e all’età di 60 trova difficile «mettersi in pari» sulle lingue, con i corsi che la Provincia mette a disposizione. Il “prezzo” da pagare è tuttavia molto alto: «Lavoro da settembre a giugno. Questo significa che in tutti questi anni ho accumulato molti buchi e rischio non solo di non passare mai di ruolo, bensì anche di non andare mai in pensione». C’è poi il limbo delle insegnanti di ruolo ma con contratto part-time (senza lingue). Quest’anno sono stati assegnati un totale di 6 posti indeterminati a tempo pieno. Ma la lista d’attesa è più lunga. «Siamo un gruppo di circa 40 insegnanti di ruolo, bloccate dal 2014 in attesa di passare al tempo pieno. Sono molto triste perché ci avevano promesso che nel giro di qualche anno ci avrebbero assorbite tutte e invece viene dato il contentino di 5 contratti all’anno», racconta amareggiata Sandra Pugliese, che quest’anno ha rinunciato alla sua occasione perché avrebbe dovuto trasferirsi da Trento, dove risiede, in Val di Sole o in Val di Non per ottenere la posizione.
La Federazione delle scuole equiparate, dove la distribuzione nelle assunzioni sembra ripartita più equamente, offre forse maggiori possibilità di raggiungere il traguardo del posto di ruolo a tempo pieno. Dopo “soli” 33 anni di precariato, Antonella Endrizzi può finalmente seguire i bambini delle sue classi durante tutto il percorso alle materne: «Sono felice di riuscire a godermi tutto l’arco scolastico senza cambiare scuola ogni anno e di garantire continuità ai bimbi». Missione compiuta anche per Rita Gencarelli, dopo ben 27 anni di precariato. L’insegnante ribadisce, però, la necessità di un cambio di rotta: «Vanno fatte due graduatorie distinte. Non è giusto che le insegnanti storiche vengano scavalcate».

 

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